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Massimo Beretta, ha diretto la sua attenzione verso la motoring art  (soggetti legati al mondo dei motori e di autovetture in modo particolare). Ne ha fatto l'oggetto del suo credo artistico, potendo coniugare felicemente una passione innata per le quattro ruote con la suggestione per il design creativo. L'auto diviene nei suoi quadri la sintesi perfetta tra il l'involucro di metallo e l'anima meccanica. Quasi che queste "architetture urbane", come lui stesso ama definire le auto, siano la base di partenza per una convivenza magica fra l'apparente e il divenire, fra la causa e l'effetto.
Sono sculture celebrate nello scintillio delle cromature, nei riflessi arditi delle carrozzerie, nella lucentezza delle vernici. Sono lamiere sagomate, curve sinuose che trionfano nell'armonia dei volumi. In ogni rappresentazione l'orchestrazione dei singoli elementi sembra convergere verso una sinfonia unica e irriproducibile. Le tempere, i pastelli e gli olii fissano per sempre la centralità di ogni vettura; sembrano esaltarne il vezzo umano di ergersi superba o adagiarsi nel compiacimento del proprio narcisismo. Non importa quale sia il suo valore storico o di mercato: convivono con il medesimo titolo di merito Fiat 131 e Bugatti, 850 coupé e le Giulietta SS, le 500 e le Triumph. Ogni oggetto è una testimonianza imperdibile di un gesto creativo di design che racconta di un tempo unico. Non è casuale la predilezione di Massimo Beretta per i veicoli "storici" e la sua stupefacente conoscenza "enciclopedica" degli stessi. Quelle vetture sembrano trasudare narrazioni di vita, di decenni carichi di cronache e di sapori lontani. Portano con sé il respiro di stagioni di sole e di pioggia, di vicende sociali, di mode curiose, di idee scintillanti. Odorano di vinile, di teack, di pelli consumate, di vernice fresca, di cruscotti forniti di magneti con il volto di un santo. Sembrano diffondere brani musicali di lontana memoria, colonne sonore per viaggi immancabili.
Ma queste imperdibili sculture urbane hanno anche un'anima, un cuore pulsante. Massimo Beretta riesce magicamente a farne degli oggetti in divenire, dei volumi in movimento. Sa esaltarne la vocazione sportiva nel contesto di una pista o facendole "galleggiare" su sfondi indefiniti o metafisici in una sorta di neofuturismo. Così mentre una Spring si appoggia in una primavera di fiori, una Montreal domina un'atmosfera lunare. L'aria si infrange all'avanzare imperioso dei corpi di metallo. La terra si sgretola all'incendere del loro passo. Le sagome di metallo sono attraversate dai segni con cui la resistenza del vento rivela il guizzo sportivo o l'azzardo della manovra. Ed è proprio in questa armonia leggera e sapiente tra forma e movimento che ogni lamiera sembra farsi pelle ed ambire alla stessa dignità della condizione umana. Perché talvolta l'uomo sa creare con un tale smisurato talento da soprendersi egli stesso della forma che traduce il suo pensiero. La medesima meraviglia, in un gioco di causa ed effetto, che il tratto di Massimo Beretta riesce a fissare e definire nel suo teatro d'artista in cui eleganti corpi di metallo sanno rubare per sempre la scena agli uomini.